Autore: Fulvio Novì

 

Oggi, con questo articolo, noi di CIT vogliamo portare qualcosa di un po’ diverso. Era da un po’ che avevamo in mente di parlare nel dettaglio di transcreation, una delle branche più affascinanti e complesse del vasto mondo della traduzione, e per l’occasione abbiamo deciso di intervistare una delle professioniste più affermate in questo ambito: Claudia Benetello.

Iniziamo col dire che Claudia ha un percorso formativo davvero peculiare e variegato. Dopo essersi laureata in Scienze Politiche indirizzo comunicazione, infatti, ha completato un Master in Comunicazione musicale per la discografia e i media, un Corso di Alta Formazione in Tecniche di interpretariato italiano<>inglese e un Master specialistico in Copywriting e comunicazione pubblicitaria.

Per finire, aggiungiamo che è anche iscritta all’Ordine dei Giornalisti elenco pubblicisti. Insomma, una figura poliedrica che ha una visione della comunicazione a 360 gradi e tutto ciò ha reso l’intervista davvero piacevole e interessante. Non vi rubo altro tempo, via con le domande!

 

Come definiresti la transcreation?

 

Premesso che non esiste una definizione di transcreation che sia universalmente accettata, la mia è la seguente: “scrivere un testo pubblicitario o promozionale per un mercato specifico, a partire da un testo sorgente, come se il testo di arrivo fosse nato nella lingua e nella cultura di destinazione”. Provo a spiegarla punto e per punto:

  • scrivere” e non “tradurre” perché a volte potrebbe essere necessario ricreare il testo anziché trasporlo da una lingua all’altra. E per “ricreare il testo” intendo ad esempio quanto ho fatto con il payoff di Norton™ AntiVirus.

  • “un testo pubblicitario o promozionale” perché, per come la vedo io, la transcreation riguarda solo i testi che hanno una finalità persuasiva, più che meramente informativa

  • “per un mercato specifico” perché non basta solo parlare di “lingua di arrivo”. Il Québec e la Francia, ad esempio, condividono la lingua francese, ma sono due mercati diversi che molto probabilmente presupporranno scelte diverse quando si tratta di declinare una pubblicità

  • “a partire da un testo sorgente” perché scrivere un testo pubblicitario e promozionale senza partire da un testo sorgente è copywriting, non transcreation. Ci tengo però a precisare che all’estero il termine copywriting spesso include sia la creazione ex novo (origination), sia la transcreation

  • come se il testo di arrivo fosse nato nella lingua e nella cultura di destinazione” perché le persone del pubblico di arrivo devono avere l’impressione che quella pubblicità parli proprio a loro, anche se in realtà è la declinazione locale di una campagna globale, e quindi uguale in tutti i paesi del mondo.


Quali sono le competenze che dovrebbe avere chi si occupa di transcreation?

 

Io ne ho individuate quattro:

  • competenza linguistica, nel senso di comprensione del testo sorgente in tutte le sue implicazioni linguistico-culturali. Anche in questo caso credo che il payoff “Boldly Go” di Norton™ AntiVirus sia particolarmente esemplificativo

  • competenza di scrittura, nel senso di copywriting: se è vero che a volte il testo di partenza non va trasposto ma proprio ricreato, allora è necessario possedere la capacità di scrivere un copy (cioè un testo pubblicitario o promozionale) ex novo

  • sensibilità culturale, nel senso di conoscenza approfondita della cultura di destinazione, in modo da produrre un testo che sia adatto al pubblico di arrivo

  • conoscenza del mercato di destinazione, nel senso di conoscenza del panorama pubblicitario di destinazione. Semplificando al massimo: ogni brand cerca di parlare in un modo unico e distintivo, e l’adattamento di una pubblicità presuppone quantomeno la conoscenza del modo di comunicare dei suoi competitor.


Quali sono le differenze e i punti in comune tra un traduttore e chi si occupa di transcreation?

 

È una domanda alla quale faccio fatica a rispondere, perché per “transcreation” ognuno intende una cosa diversa. Molti traduttori offrono anche servizi di transcreation e perfino di post-editing.

In generale, credo che i punti di contatto consistano perlopiù nella prima competenza che ho citato. Sia un traduttore, sia uno specialista della transcreation lavorano con un testo scritto in una lingua straniera e devono produrre un testo nella lingua di arrivo.

La differenza principale, a mio avviso, riguarda invece la seconda competenza. Un traduttore specializzato in medicina o in testi giuridici non è certo tenuto a possedere competenze di copywriting: a cosa gli serve sapere scrivere ex novo una brochure o un annuncio su carta stampata se traduce studi clinici o sentenze penali? Diverso è il discorso se invece si occupa di pubblicità.

 

Quali sono le fasi di un lavoro di transcreation?

 

Ritengo che la transcreation sia un servizio consulenziale più che un servizio linguistico in senso stretto. Infatti la transcreation può includere anche delle attività che non riguardano la trasposizione di un testo da una lingua a un’altra, come ad esempio la cultural consultation o la direzione del doppiaggio.

Ciononostante, se consideriamo solamente l’adattamento interlinguistico e interculturale di un copy e prendiamo in esame l’iter classico di transcreation di una headline (titolo) o di un payoff (frase che accompagna il logo), individuerei le seguenti fasi:

  • briefing: il professionista della transcreation riceve informazioni esaustive sull’incarico da svolgere. È evidente che per fare la transcreation di una “frasettina” come “Boldly Go” o “Go boldly, not blindly” bisogna conoscere non soltanto il prodotto, ma anche il tono di voce del brand e i significati che stanno dietro a quei payoff

  • analisi: la pubblicità è fatta di parole e immagini, e il professionista della transcreation deve analizzarli entrambi prima di mettersi a scrivere

  • brainstorming: a questo punto il professionista della transcreation inizia a buttare giù tutte le proposte che gli vengono in mente, senza censurarsi

  • selezione: rileggendo il brief, il professionista della transcreation individua le proposte più centrate. Uso il plurale perché di solito in transcreation si forniscono più opzioni per la stessa headline o payoff

  • backtranslation + comments & rationale: il professionista della transcreation traduce letteralmente le sue proposte nella lingua sorgente illustrando l’approccio adottato. In questo modo anche la casa madre dell’azienda protagonista della campagna pubblicitaria avrà modo di capire in quale direzione sta andando la declinazione locale della sua headline o payoff

  • feedback e modifiche: il professionista della transcreation si confronta con il cliente e procede a finalizzare il testo.

Quali sono gli incarichi di transcreation che ti hanno appassionato di più?

 

Per quanto riguarda i testi promozionali, sicuramente la brochure Technoform, perché a mio avviso rappresenta una best practice. Un’azienda B2B realizza una brochure come se fosse un’azienda B2C – quindi usando un tono di voce molto diretto e coinvolgente – e per la versione italiana segue l’iter classico di transcreation con proposte multiple, backtranslation e rationale. Chapeau!

Per quanto riguarda la pubblicità in senso stretto, invece, direi la headline di The Boys. Una frase apparentemente banale, che anche un ragazzino delle medie saprebbe tradurre in italiano senza aprire il dizionario, ha bisogno di un approccio e di un trattamento molto diversi se accompagna un’affissione pubblicitaria. E quella headline ne è un esempio lampante.

 

Nel settore della traduzione da anni ormai si assiste a un inevitabile processo di trasformazione tecnologica che ha visto l’avvento dei cosiddetti CAT Tool prima e della MTPE poi. Questa tendenza si avverte anche per la transcreation? In che modo?

 

Non credo che si avverta nella transcreation pubblicitaria, anche se forse in questo settore si riscontra un’altra tendenza che per certi aspetti è ancora più insidiosa.

Poiché si tratta di testi che generalmente non utilizzano terminologia specifica, soprattutto nel B2C, si tende a pensare che chiunque conosca l’inglese sia in grado di affrontarli. Come se la difficoltà di un testo dipendesse soltanto dalla componente terminologica, insomma.
Purtroppo questo è un atteggiamento diffuso non solo nelle aziende, ma anche fra i traduttori e fra i copywriter. Io invece sono fermamente convinta che la transcreation richieda la doppia competenza di traduzione e di copywriting.

 

Oltre a occuparti di transcreation sei anche copywriter, interprete e giornalista. Il fatto di occuparti di così tanti aspetti che riguardano la comunicazione in generale e il fatto di aver sviluppato tante competenze diverse si è rivelato utile nel tuo approccio alla transcreation?

 

Se c’è una cosa di cui vado particolarmente orgogliosa è aver maturato esperienze “da una parte all’altra della barricata”.

Come traduttrice traduco comunicati stampa ma, quando lavoravo come ufficio stampa freelance, i comunicati stampa li scrivevo.
Come interprete traduco dal vivo per i giornalisti alle conferenze stampa, ma a quel genere di conferenze stampa ci sono andata in prima battuta come giornalista.
Come specialista della transcreation adatto testi pubblicitari e promozionali dall’inglese e dal tedesco all’italiano, ma quei testi li creo anche ex novo come copywriter. Certamente quest’ultima competenza mi aiuta parecchio quando faccio transcreation.

 

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