Benvenuti al secondo atto dei disagi del traduttore by Daniel Santini.

La volta scorsa vi ho parlato di come, nonostante ci si provi, sia impossibile stabilire quale sia la scelta migliore tra lavoro freelance e dipendente (puoi leggere l’articolo qui!).

Oggi vorrei entrare un po’ più nel dettaglio del mio lavoro, per cercare di farvi provare anche solo per due minuti un briciolo della frustrazione che sperimentiamo ogni giorno, ogni ora e ogni secondo.

Purtroppo, i non addetti ai lavori sottovalutano tantissimo la figura del traduttore e i più convinti dell’inutilità della nostra persona se ne escono spesso con frasi del tipo “Ma usi Google Translate?” oppure “Sono stato sei mesi in Inghilterra, mica serve un master per tradurre!”.
Tutte queste persone si limitano a considerare la traduzione come una mera trasposizione di un testo da una lingua all’altra.

Tuttavia, come diceva un mio professore universitario, tradurre un testo significa tradurre una cultura. E dopo questi anni di esperienza non posso far altro che dargli ragione.

 

I REALIA

Poco fa vi ho parlato della frustrazione che siamo obbligati a dover sopportare in continuazione.

L’incubo peggiore per gli addetti ai lavori sono i realia (quinta sinfonia di Beethoven in sottofondo).

Si tratta di un concetto piuttosto semplice “sulla carta”: sono oggetti, concetti o elementi tipici di una determinata cultura e che per questo molto spesso non hanno una loro controparte nelle altre.
L’esempio “scolastico” che viene sempre citato quando si parla dei realia è quello degli eschimesi e dei loro millemila modi per definire la neve, ma difficilmente ci capiterà di trovarci davanti a una traduzione dall’inuit a una qualsiasi
lingua comunemente parlata nel mondo.

Rimaniamo in Italia, non andiamo troppo lontano.
Una delle esperienze traduttive che più di tutte non mi ha fatto dormire la notte è stata la traduzione del menù di un ristorante dall’italiano al
cinese.
Abbiamo la cucina migliore del mondo, ma se per tutti è solo una delizia per il palato, per noi addetti ai lavori è anche una grande piaga. Abbiamo maccheroni, mezze maniche, fusilli, trofie, orecchiette, penne (ok, mi è venuta fame. Vado a farmi una carbonara e torno). E i tipi di pane? Francesino, michetta, baguette, tartaruga, filone, bocconcino.

In casi come questi le strade principali sono tre: ricorrere a una nota, mantenere l’elemento di realia nella stessa lingua anche nel testo di arrivo oppure fornire una traduzione di servizio.
Ora, di certo non potevo mettere una nota sulla carta di un ristorante e di certo non potevo buttargli in faccia la parola “fusilli”, tra l’altro scritto in alfabeto latino. Nel mio caso, ho optato per una piccola descrizione per ogni tipo di pasta. Proprio per i fusilli ho scritto la traduzione cinese di “pasta attorcigliata”, giusto per citare un esempio.

Credetemi, qui ho toccato soltanto la punta dell’iceberg. Potrei scrivere pagine infinite di cose di questo tipo che mi sono capitate nel tempo.

 

GIOCHI DI PAROLE

Scrivere questo articolo mi sta facendo tornare alla mente ricordi che credevo di aver eliminato totalmente dai cassettini della memoria.

Quello dei giochi di parole è un altro labirinto di Minosse.
In quasi tutti i casi è possibile trovare una soluzione e cassarli completamente, ma in uno proprio non si può: sto parlando dello
humour.
E quale lavoro migliore potevo scegliere se non il
localizzatore di videogiochi, che nel 90% dei casi si trova davanti dialoghi che pullulano di doppi sensi? Purtroppo, la soluzione va sempre trovata, perché è terribile trovarsi davanti una frase in cui si capisce palesemente che è una battuta tradotta male.

Sono un grande appassionato dell’universo Marvel, quindi proverò a inventarmi un esempio in quel contesto: “Did you hear about Peter Parker buying a Spider? Ha!”.
Ora, qui è chiarissimo il doppio senso scaturito da “Spider”. Quale sarebbe la soluzione migliore per tradurre questa domanda ironica? Difficile a dirsi.
Per avvicinarmi il più possibile al senso del testo di origine, personalmente manterrei in
inglese la marca dell’auto, immaginandomi come lettore modello qualcuno che conosce l’universo Marvel e che quindi sa bene che Peter Parker è l’alter ego di Spider-Man.
Questa però è soltanto una prima ipotesi: per esperienza vi dico che su frasi del genere si può rimanere bloccati anche per una settimana intera!

Per concludere, spero di essere riuscito a farvi capire come per un traduttore ogni progetto assomigli a una grande montagna da scalare. Ci troviamo sempre davanti a scarpate, pareti ripide e rocce scivolose.

Tutti possono tentare l’impresa, ma soltanto i migliori riusciranno a raggiungere la cima!

 

 

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