Autore: Daniel Douglas Santini
Traduction en français : Federica Bonapace 
English translation: Fabiana Grassi

 

Si sa, il mondo è costellato di domande alle quali è impossibile dare una risposta.

La bontà fritta ripiena di riso e carne tipica della Sicilia si chiama arancino o arancina? La nostra amata pasta all’amatriciana si fa con la pancetta o con il guanciale? Perché le fette biscottate cadono sulla tovaglia perennemente dal lato della marmellata? (No, non vale usare la legge di Murphy come scusa).

A questa serie di dubbi vorrei aggiungerne uno io, che mi tormenta dal primo momento in cui ho iniziato a fare il traduttore: è meglio lavorare freelance o da dipendenti? Inutile dire che non ne ho la minima idea. Per questo, non posso far altro che limitarmi a paragonare queste due realtà sotto vari punti di vista e a esprimere la mia opinione.

Vedremo se alla fine riuscirò a trovare una soluzione per questo enigma irrisolvibile!


GESTIONE DEL TEMPO

Nel mondo della traduzione, lavorare freelance sembra un sogno a occhi aperti.
Si può scegliere liberamente dove tradurre e per quanto tempo al giorno farlo.
C’è chi, come me, preferisce utilizzare tutti i giorni che ha a disposizione e procedere lentamente e chi, invece, decide di svolgere tutto il lavoro negli ultimi giorni, a suo rischio e pericolo oserei dire. Non importa quale strada si scelga, l’importante è rispettare la deadline stabilita dal cliente. Infine, i freelance sono liberi di scegliere quale progetto accettare e quale no.
Tutto questo non si verifica se si è assunti in un’agenzia di traduzione. Si lavora nel canonico orario 9-18 e si traduce il documento assegnato dal project manager, senza possibilità di rifiutare.

Davanti a un’eventuale scelta, quindi, tutti tenderebbero verso la prima. Ma vi assicuro che lavorare da freelance è una grandissima fonte di stress dal punto di vista mentale.

Il documento è sempre lì, inesorabile, che sussurra dalla cartella del pc un flebile ma pressante “Aprimi, aprimi” (mi è capitato spesso di svegliarmi nel cuore della notte per cambiare delle frasi). In agenzia, invece, la mente resta sul progetto solo per quelle 8 ore di lavoro e una volta a casa si è liberi e spensierati.

Quindi tirando le somme, sapreste dire con certezza cosa è meglio?


GUADAGNI

Un traduttore freelance può essere pagato per i suoi servizi a parola o a cartella, a seconda che si tratti della traduzione di un testo letterario o di uno di natura professionale. Questo sistema, naturalmente, porta a una sola conclusione: più lavori, più guadagni.
In agenzia, invece, la remunerazione consiste nel classico stipendio fisso che resta sempre invariato. Non importa se a febbraio hai tradotto solo dei brevi manuali di elettrodomestici e a marzo un infinito trattato sulle normative igienico-sanitarie in Europa: ogni mese riceverai sempre la stessa somma.

Messa in questi termini, un traduttore qualunque sarebbe più propenso a tendere verso la strada del freelance.
Ma anche in questo caso la minaccia è sempre in agguato. L’esperienza mi insegna che a periodi di fuoco durante i quali non ci si riesce nemmeno a ricordare il proprio nome, si alternano momenti di vuoto assoluto, in cui ci si girano costantemente i pollici e si aggiorna in maniera maniacale la cartella della posta in arrivo nella speranza di ricevere una nuova notifica.

È inutile, cari miei! È un circolo vizioso dal quale è impossibile uscire!


CASA O UFFICIO?

Il lavoro da libero professionista è perfetto anche per chi odia profondamente i rapporti con altre persone.
Un freelance deve occuparsi di tutte le fasi di ottenimento e svolgimento del lavoro (leggete qui l’articolo di Fabiana, spiega proprio questo), ma non ha quasi mai un contatto umano con il suo cliente: di solito si svolge tutto via mail, o al massimo tramite chiamate al cellulare.

Andare tutti i giorni in un ufficio a tradurre, invece, alla lunga potrebbe risultare complicato.
È inutile girarci intorno, il luogo di lavoro perfetto non esiste.
Tra tutti i colleghi, ci sarà sempre quello che ogni due per tre ti distrae per andare a prendere un caffè, quello che si è svegliato con la luna storta e per osmosi ti trasmette la sua negatività e quello che crede di essere alla scrivania di casa sua e diventa un produttore seriale di rumori molesti (tirare su con il naso, continuare a premere nervosamente il bottone della penna a scatto e chi più ne ha più ne metta). È anche vero, però, che in agenzia è molto raro distogliere l’attenzione dal proprio lavoro (sempre che non ci sia il collega del caffè che ho menzionato poco fa).

A casa, invece, la distrazione è dietro l’angolo: la partita di calcio fondamentale per la stagione della tua squadra, l’amico che cerca il quarto membro nel suo team di Fortnite e la sensazione di fame insaziabile che, chissà perché, arriva esattamente 12 minuti dopo essersi seduti davanti al pc.


Concludo dicendo che mi dispiace. Ero partito con tutti i buoni propositi di trovare il bandolo della matassa, ma non ho fatto altro che aumentare ancora di più i miei dubbi e farne sollevare di nuovi a voi.
Terrapiattisti contro terratondisti? Console gamer contro pc gamer? Vegani contro carnivori? Ma di cosa stiamo parlando!

Il vero scontro tra titani è: lavoro freelance o lavoro dipendente?

 

 

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