
Autore: Claudia Vona
Traduction en français : Federica Bonapace
Poco tempo fa, mi sono imbattuta in questo annuncio di lavoro:
“cercasi traduttrice per fiera, altezza minima 170cm”
Incuriosita da quale figura stessero effettivamente cercando, ho deciso di leggere più nel dettaglio l’annuncio. Ma tutto risultava ancora confuso. Stavano cercando una hostess? Una ragazza immagine? Un’interprete? Una traduttrice? E poi, perché rigorosamente donna?
Ho deciso quindi di scrivere questo articolo per fare un po’ più di chiarezza sulle differenze tra queste figure, ma procediamo per punti!
Se avete letto l’articolo “Mi serve un interprete: e ora che faccio?” dovrebbe esservi assolutamente chiaro in cosa consista il lavoro dell’interprete e del traduttore. Nulla a che fare con passerelle o fashion show.
Eppure, spesso ho trovato annunci in cui viene richiesta una taglia massima o un’altezza minima; in cui si chiede di allegare al curriculum una o più foto “a figura intera” o è richiesta la “bella presenza”.
Comprensibile quest’ultima: a tutti piace lavorare con persone belle e sorridenti, vestite in modo adeguato al contesto e che sappiano rispettare il cliente. Tuttavia – a mio avviso – a volte si è un po’ troppo esigenti e si confonde la bella presenza, che dovrebbe far riferimento al modo di approcciarsi e di presentarsi al cliente, con la bellezza e la forma fisica.
A volte purtroppo si arriva a situazioni quasi paradossali:
“Lei non porta mai le lenti a contatto? Perché in alcuni convegni non accettano interpreti con gli occhiali…” mi sono sentita dire durante un colloquio per un evento in cui avrei dovuto accompagnare un gruppo di architetti a un convegno e fare chuchotage.
Ma torniamo all’annuncio che ho scelto come esempio. Procederei con il dire che traduttore e interprete non sono esattamente la stessa cosa. Entrambi si occupano di traduzione, è vero, ma con una sottile differenza: per spiegarla nel modo più semplice possibile possiamo dire che il traduttore lavora con la tastiera, l’interprete con la voce; il primo solitamente alla propria scrivania, il secondo si reca di persona sul posto (a questo proposito, vi consiglio di leggere l’articolo di Tommaso). Il professionista può assolutamente essere in grado di svolgere entrambe le mansioni, ma in contesti diversi. Nel caso del nostro annuncio quindi, non sarebbe appropriato dire “cercasi traduttrice” bensì “cercasi interprete”.
Capire effettivamente se per una fiera sia richiesto un interprete o un assistente allo stand, non è sempre così immediato. L’assistente allo stand (comunemente definito hostess o steward) ha il compito di accogliere il cliente o il visitatore, chiedere il biglietto da visita, registrare eventuali contatti, distribuire il catalogo e dare informazioni sui prezzi o prodotti. Qualora venisse richiesto un interprete invece, significa che l’azienda ha necessità di un mediatore linguistico, che faccia da intermediario tra le parti e che, solitamente seduto a una scrivania, svolga interpretazione di trattativa, aiutando a chiudere accordi o contratti, fissare appuntamenti, esporre le esigenze del potenziale cliente.
Le mansioni (e le tariffe) sono quindi completamente diverse. Spesso le aziende, soprattutto se piccole, decidono di conciliare in un solo professionista le due figure. Ancora una volta, si può fare! A patto che venga precisato, in modo da non ingaggiare un interprete che poi non svolgerà alcuna attività di interpretariato; o dover affidare la chiusura di un contratto a un assistente di stand, che non necessariamente ha le tecniche e le competenze giuste per condurre un’interpretazione di trattativa.
Qualora la figura dovesse solo accogliere i clienti e dare una bella immagine allo stand, ogni richiesta potrebbe essere lecita. Nel caso dell’interprete tuttavia, è davvero opportuno che il professionista abbia acquisito le tecniche e le competenze necessarie per affrontare l’insidioso mondo dell’interpretariato, al contrario si potrebbero verificare spiacevoli inconvenienti.
Esiste forse l’unico caso in cui chiedere le misure della persona che lavorerà allo stand è assolutamente comprensibile e a volte necessario.
Questo succede soprattutto nelle fiere dedicate all’abbigliamento. Potrebbe essere richiesto alla hostess di dover indossare dei capi qualora ce ne fosse la necessità. In questo caso, però, non si può parlare di interprete (e tanto meno di traduttore), ma si potrebbe definire questa figura come hostess o ragazza immagine con conoscenza dell’inglese, se si dovesse anche interagire con clienti stranieri.
In ultima analisi, vorrei concentrarmi su un ulteriore punto: questi annunci sono molto spesso scritti al femminile, rivolti quindi alle sole donne. Purtroppo questo preclude ai colleghi uomini la possibilità di candidarsi.
Solo in alcuni casi potrebbe esserci la necessità di rivolgersi in modo specifico a un uomo o a una donna; nel caso di una simultanea per esempio – e questo avviene spesso negli show televisivi – viene richiesta appositamente una voce maschile o femminile per dare maggiore omogeneità con la voce dell’ospite; o ancora perché c’è un rapido alternarsi di voci: il pubblico in questo modo andrebbe a identificare l’oratore che è appena intervenuto in base alla voce dell’interprete. Nelle altre situazioni l’interpretazione può essere condotta da un uomo o da una donna, senza distinzioni di genere.
Per concludere, vorrei dire che il lavoro dell’interprete è un lavoro delicato, che va “maneggiato con cura”. Non è facile orientarsi in un settore di nicchia come questo e il rischio di incorrere in alcuni stereotipi è elevato. L’unica cosa che conta e che non bisogna dimenticare mai quando ci si rivolge a un interprete o a un traduttore è che è sempre assolutamente necessario avere di fronte una persona competente, anche se, ahimè, porta una taglia 48.
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