
Autore: Federica Bonapace
Traduction en français: Claudia Vona
Tutti noi abbiamo sognato di avere dei superpoteri!
Un po’ vi immagino annuire da dietro lo schermo del vostro cellulare o del vostro PC… ammettetelo: state pensando a quale tipo di superpotere avreste tanto desiderato quando eravate bambini.
C’è chi avrebbe voluto volare per visitare posti lontani, chi avrebbe voluto il dono dell’invisibilità per sgattaiolare fuori di casa e incontrare gli amici e chi, invece, avrebbe voluto leggere nella mente degli altri.
Ora, non stupitevi e non prendetemi per matta se vi dico che i superpoteri esistono.
Non parlo dei superpoteri di Wonder Woman o di Superman ovviamente (quelli li possiedono solo le mamme e i papà) ma parlo di donne e uomini, apparentemente normali, che si trasformano solo dopo aver affrontato la loro prima simultanea.
Sì, parlo proprio degli interpreti.
Queste strane figure non hanno bisogno di particolari costumi ma solo di poche e semplici cose: un blocco o dei fogli, una penna, le cuffie e un microfono.
Ah, che emozione la mia prima simultanea! Me la ricordo ancora: ero in università e dopo varie settimane di shadowing (dove noi studenti ascoltavamo la voce dei professori in cuffia oppure dei video e ripetevamo ciò che veniva detto parola per parola) e varie tecniche che avrebbero fatto impazzire anche il più matto tra i matti, ecco che la nostra professoressa di inglese entrando in aula, un giorno, ci disse: “Ok, ci siamo. Oggi faremo la vostra prima simultanea”.
Ero emozionata come un’attrice al suo primo debutto sul grande schermo o come una cantante che si esibisce per la prima volta sul palco dell’Ariston… ma che dico, dell’Eurovision! L’idea di essere in cabina, o nel cosiddetto “acquario”, e sapere che tutti ti stanno ascoltando è abbastanza emozionante. Sai che la riuscita della comunicazione dipende tutta da te, da quanto il tuo cervello decida di collaborare in quel momento e dalla tua voce.
Ho sempre pensato che questa tecnica ti conferisse una sorta di superpotere: non parlo solo dello sdoppiamento dell’attenzione, parlo di tutta una serie di gesti e meccanismi che diventano automatici solo dopo essersi esercitati tanto.
La simultanea è forse una delle tecniche più complesse da imparare per un interprete perché costringe il cervello a diventare, per forza di cose, multi-tasking, come una sorta di sistema operativo che è in grado di eseguire contemporaneamente diverse funzioni (per saperne di più leggete anche l’articolo di Fulvio, che verrà pubblicato la prossima settimana).
Quello che accade dietro al vetro, però, non è dato sapersi ai comuni mortali. Ma ecco… ho deciso di essere buona e di svelarvi alcuni segreti. Ma mi raccomando, acqua in bocca!
Noi interpreti, infatti, sembriamo essere dei robot, sempre concentrati e un po’ nel nostro mondo per chi ci osserva dall’esterno.
In realtà siamo talmente abituati ad usare il cervello in modo “anomalo” che, per noi supereroi, la cabina si trasforma in uno spazio dove non solo si lavora sul serio sudando sette camicie ma, quando è possibile, parliamo con il nostro collega di quello che ci è successo l’altro giorno in metro e perché no, durante le conferenze più noiose (dove l’oratore parla a velocità di crociera e con la voce di Paperino) alcuni colleghi riescono addirittura a fare una qualche partita a tris.
Questo mentre stanno traducendo.
Ovviamente, questi fatti accadono quando si ha un certo tipo di esperienza e soprattutto durante le lezioni in università, forse meno entusiasmanti di un lavoro vero e proprio, dove alcuni colleghi si dilettavano (vedi Fabiana) a creare delle vere e proprie opere d’arte su quaderni vari (o nel caso di Ilenia) a fare scarabocchi che, secondo uno studio condotto dalla Cambridge University, permettono di mantenere la mente più calma e a rimanere concentrati.
Non ci facciamo mancare gesti di solidarietà con il nostro collega.
Anche mentre lui o lei ci dà il cambio perché sentiamo il nostro cervello friggere come le patatine nell’olio, invece di riposarci, riusciamo a mantenere alta la concentrazione e ad aiutarlo/a qualora si trovasse in difficoltà. Solitamente scriviamo frasi, numeri, o nomi strani che il collega non è riuscito a captare in quel momento, sul nostro blocco o su un foglio volante in modo che nulla vada perso durante la traduzione.
Bisogna imparare a lavorare in squadra.
Ammetto che per me la cosa (se si può definire così) divertente della simultanea sia il fatto di sentirsi come se ci si trovasse su un palco per dare vita ad un personaggio attraverso un solo strumento: la propria voce. Ho sempre pensato che per fare gli interpreti bisognasse sentirsi, in fondo in fondo, un po’ attori altrimenti si rischia di “appiattire” l’oratore che si sta traducendo in quel momento.
La voce è importantissima perché il tono che usiamo deve essere congruo al messaggio e all’emozione che l’oratore vuole trasmettere e quindi, essere in grado di adattarsi allo stato emotivo di chi parla.
E non è da tutti.
Queste capacità ovviamente si riflettono poi nella vita quotidiana.
È inutile negare che un cervello multi-tasking abbia una marcia in più rispetto agli altri perché ti aiuta, non solo a pensare a tante cose contemporaneamente, ma anche a metterle in pratica, ad essere rapido nei pensieri e nei fatti.
La cabina è quindi un posto strano per chi la osserva dal fuori perché si tende a pensare che lì, l’interprete, possa solamente rimanere seduto, ascoltare, tradurre e nient’altro. In realtà la cabina di simultanea è per noi un po’ come la cabina telefonica per Clark Kent prima di trasformarsi in Superman.
È uno spazio apparentemente anonimo per chi non conosce bene questo lavoro ma in realtà, una volta seduti lì, ci trasformiamo e creiamo un piccolo mondo che è esterno a tutto. Qui si vivono momenti di grande soddisfazione ma anche momenti di forte sconforto quando non riusciamo a trovare la traduzione migliore per una parola o un’espressione in quell’esatto momento.
Momento che una volta passato non si ripresenta più. Anche da questo si definisce la qualità della traduzione che può risultare scarsa, buona o addirittura ottima.
Noi interpreti siamo in grado di pensare, parlare, ascoltare, tradurre e interpretare un discorso tutto allo stesso tempo… pensate ancora che i superpoteri non esistano?
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