
Un saluto a tutti! Leggendo i miei precedenti articoli, avrete ormai capito che, ormai da quasi tre anni, mi sto specializzando nella branca della traduzione di videogiochi. Credo sia finalmente arrivato il tanto atteso momento di parlarvi di questo mondo, insidioso ma molto appagante.
Facciamo una premessa: gioco ai videogiochi dall’età di tre anni, quindi posso a mani basse considerarli la mia passione più grande (neeeeerd).
Grazie al percorso di studi in magistrale, ho sviluppato un forte amore per la traduzione, che mi ha portato a prendere seriamente in considerazione l’idea di unire queste due realtà.
Ed eccomi qua, nel pieno del sogno realizzato. In che cosa consiste questo lavoro? Quali sono le maggiori difficoltà che si riscontrano “localizzando”?
In questo articolo, cercherò di dare una risposta a tutti i vostri dubbi.
Premete Options per iniziare (semi cit).
IN CHE COSA CONSISTE
Quando dico alle persone di cosa mi occupo, mi ritengono tutti molto fortunato, in quanto sono convinti del fatto che, in quanto traduttore di videogiochi, io abbia la possibilità di avere accesso a una libreria illimitata di titoli da giocare e tenere sullo scaffale. Sfatiamo questo mito: il localizzatore non prova i giochi prima, né ottiene una copia in regalo a lavoro finito.
Ma allora di cosa ci occupiamo? La risposta è semplice: di tutta la parte linguistica contenuta all’interno dei videogiochi. Ma proprio tutta eh, dai dialoghi pieni di pathos e colpi di scena, alle voci “purchase item” o “new game” in un gioco free-to-play.
Proprio per questo motivo, non è fondamentale essere un videogiocatore per poter essere un traduttore in quest’ambito (secondo mito), anche se è caldamente consigliabile, soprattutto quando ci si occupa delle voci di menu.
Mi spiego meglio: chi come me gioca da più di vent’anni ormai ha visto e rivisto determinate espressioni e frasi fatte, come “Tutti i dati non salvati andranno persi”.
Essere un videogiocatore, quindi, può essere utile a semplificare lavoro, ma di certo non vi trasforma in un traduttore migliore di altri.
DIFFICOLTÀ
Arriviamo ora alla parte dolente di questo articolo.
Come in ogni lavoro e, più nello specifico, come in ogni traduzione, ci sono numerosi ostacoli da superare. Non saprei nemmeno da dove partire per descrivere le difficoltà della localizzazione di videogiochi.
Allora, facciamo che parto dalla prima che mi viene in mente.
Numero uno
Tradurre videogiochi implica per forza di cose lavorare in team. Se i pixelati anni ’90 erano composti da un massimo di 20.000 parole, ora abbiamo a che fare con veri e propri film, realizzati con attori veri e con sceneggiature quasi da Oscar.
Penso a The Last of Us o, per citare un titolo più recente, a Red Dead Redemption 2, dove addirittura i personaggi sparsi per la mappa hanno una vera e propria memoria e si ricordano di quella volta che, durante una sessione di gioco della settimana prima, li avevi salvati dal morso di un serpente nelle profondità di un bosco (scusate, il mio lato nerd è irrefrenabile, torno subito a parlare della traduzione).
Far parte di un team di lavoro comporta il doversi allontanare da quello che è lo stile tipico con cui si traduce/scrive e cercare di propendere verso uno il più neutro possibile. Usiamo i CAT Tools, dunque riusciamo a evitare problemi di concordance e a tradurre parole o espressioni che si ripetono nello stesso modo.
La difficoltà maggiore risiede nel cercare di uniformare tutto. I revisori ci aiutano, ma è buona cosa cercare di andargli incontro il più possibile.
Numero due
Io traduco dall’inglese. Lingua meravigliosa, se non fosse per un piccolo problema: il genere.
Tutti gli aggettivi possono essere usati sia al maschile sia al femminile, cosa che, ovviamente, non avviene in italiano.
Ricordo che mi sono dovuto occupare di un progetto in cui il protagonista era interamente personalizzabile dal giocatore, quindi poteva essere moro o biondo, alto o basso, magro o grasso e… uomo o donna.
Per questo, ogni battuta di dialogo pronunciata da lui/lei doveva essere per forza resa all’impersonale.
Vi assicuro che tradurre con genere neutro espressioni come «I’m ready» o «I’m bored» è stata una sfida molto impegnativa.
Numero tre
Un terzo problema che mi viene in mente quando penso alle difficoltà della localizzazione di videogiochi è la mancanza, in alcuni casi, del contesto.
Se infatti esistono progetti in cui ci vengono forniti un’infinita quantità di dettagli (umore, tono, dove viene inserito quel determinato elemento, ecc.), in altri dobbiamo tirarci su le maniche per cercare di rendere la frase il più neutra possibile.
Faccio un esempio per spiegarmi meglio: se trovo la domanda «Can you play it?», la posso tradurre sia con «Sai giocarci?», sia con «Sai suonarlo/Sai suonarla?». Senza contesto, io come prima soluzione proporrei un lineare «Sei capace?», che potrebbe andare bene per entrambi i casi.
Immaginatevi la vostra espressione se vedete un personaggio giocherellare con una scacchiera e chiedere all’amico lì accanto «Sai suonarlo?».
Ops…
TIRIAMO LE SOMME
Per concludere, la traduzione di videogiochi è un ambito davvero complesso, non tanto per i contenuti, quanto per via di una serie di piccole problematiche che sommate la trasformano in un labirinto di Minosse. Ne ho citate solo alcune quindi perché no, potrebbe esserci un DLC per questo contenuto!
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