Autore: Francesca Calabrò
English translation: Martina Pozzi
Traduction en français: Claudia Vona
Alcuni giorni fa Fabiana ci ha spiegato in questo articolo perché affidarsi a un interprete professionista durante una trattativa con un cliente che parla una lingua diversa dalla nostra è senz’altro una mossa vincente dal punto di vista della strategia commerciale.
In questo articolo, cercherò invece di spiegarvi in che modo e perché questa modalità si presta a essere utilizzata anche in un’altra varietà di contesti comunicativi in cui è necessario garantire un servizio di traduzione orale.
Interpretazione di trattativa o – ancor meglio – interpretazione dialogica
Prima di illustrarvi in quali contesti è opportuno – o necessario – commissionare un servizio di interpretazione di trattativa, è senz’altro meglio chiarire che cosa si intende per interpretazione di trattativa, e in cosa consiste, dal punto di vista pratico.
Direi che a questo scopo Wikipedia accorre, come sempre, in nostro aiuto.
«L’interpretazione di trattativa (liaison interpreting oppure business to business) è una modalità di interpretazione dialogica da utilizzarsi in un contesto di trattativa d’affari; l’interprete veicola informazioni di natura settoriale tra un parlante di lingua A e un parlante di lingua B sulla base di scambi conversazionali brevi e senza presa d’appunti. Nello specifico, le lingue d’uso s’alternano tra la lingua comune e la microlingua scientifico – professionale.»
La definizione di Wikipedia è senz’altro sintetica ed esaustiva ma, al tempo stesso, è formulata in modo molto tecnico e forse un po’ oscuro per i non addetti ai lavori, perciò cerchiamo di sviscerarne via via il senso.
Detto in altre parole: l’interprete di trattativa è colui che ha il compito di tradurre, oralmente, dall’italiano verso la lingua straniera (e viceversa) le frasi che vengono via via pronunciate nel corso di un incontro (più avanti spiegherò che tipo di incontro) tra due, tre, quattro persone.
Sì, i numeri che ho dato non sono casuali
L’interpretazione di trattativa è una tecnica particolarmente indicata per le interazioni fra piccoli gruppi, in cui gli interlocutori comunicano fra loro, spontaneamente, (a volte addirittura in modo informale e scherzoso) dando vita a un avvicendamento dei turni di parola.
Se è vero, infatti, che il principale pro di questa modalità di interpretazione consiste nel fatto che non necessita di apparecchiature ad hoc né di strumentazioni sofisticate o costose, il suo limite risiede nel fatto che, proprio per le sue caratteristiche di fondo, non può essere utilizzata se le persone a parlare lingue diverse sono in un numero maggiore.
E ora vi spiego perché.
Pensiamo a una tavolata di amici in pizzeria, con 8, 10, 20 persone che parlano fra loro.
Se li osservassimo dall’esterno, noteremmo, come prima cosa, che in realtà tutte quelle persone non stanno parlano davvero tutte insieme, fra di loro; quello che accade è che si creano dei sottogruppi di 2, 3, 4 persone, e che ognuno di questi sottogruppi avvia un dibattito su un certo argomento.
Ecco. Anche in un contesto professionale succederebbe lo stesso, per questa ragione è impossibile mantenere l’attenzione di un nutrito numero di persone su un unico filo di conversazione, men che meno se queste persone parlano lingue diverse fra loro, e se fra loro c’è appunto un interprete, chiamato a tradurre via via i vari scambi comunicativi da una lingua all’altra.
Adesso che abbiamo capito che cos’è l’interpretazione di trattativa, come funziona, chi sono le persone presenti e quando può essere utilizzata, passiamo all’ultima domanda.
Dove?
L’interpretazione di trattiva, malgrado la sua stessa denominazione possa indurre in errore, non è una modalità relegata solo alle trattative commerciali o al contesto B2B, anzi è una tecnica molto versatile, perfetta per un’ampia varietà di contesti e setting di lavoro.
Per questo motivo, in ambito accademico, negli ultimi anni si è iniziato sempre più a utilizzare un’altra denominazione: interpretazione dialogica, che, per quanto sia una dicitura sconosciuta ai più, soprattutto fra i non addetti ai lavori, incarna meglio l’essenza e le caratteristiche fondamentali di questa tecnica di traduzione orale.
Visto che sull’interpretazione di trattativa in senso stretto (quella commerciale, in occasione di fiere di settore, visite aziendali o riunioni di lavoro) sia io che Fabiana ci siamo già dilungate a sufficienza, direi che è giunto invece il momento di passare in rassegna gli altri ambiti professionali e contesti sociali in cui si ricorre a questa modalità.
La trattativa, tecnica condivisa da interpreti e mediatori culturali
Del resto, proprio perché non richiede apparecchiature ad hoc, né la preparazione dell’interprete di conferenza (le tecniche dell’interpretazione consecutiva e simultanea, infatti, vengono apprese solo all’interno di un ciclo accademico magistrale), possiamo dire che l’interpretazione di trattativa – o, come abbiamo imparato, dialogica – è fra le modalità di traduzione orale statisticamente più diffuse, in quanto non viene utilizzata solo dall’interprete professionista “fatto e finito” (il cosiddetto interprete di conferenza), bensì anche dai mediatori (inter)culturali.
Queste figure in taluni casi sono previste appositamente dal legislatore per dare voce ai cittadini stranieri o ai migranti.
Purtroppo, però, malgrado la legge abbia giustamente sancito il diritto alla presenza di un mediatore culturale nei contesti in cui questa figura è necessaria, non è stata altrettanto chiara nello stabilire uno standard di preparazione, competenze e formazione, a differenza della figura dell’interprete, che è legata invece a una serie di caratteristiche specifiche e di competenze rispetto alle quali è possibile ottenere una forma di accreditamento, come il titolo di laurea magistrale in interpretazione di conferenza e/o il soddisfacimento di una serie di requisiti/il superamento di esami previsti dalle principali associazioni di categoria come AIIC, ASSOINTERPRETI, ecc.
Quando si usa la trattativa?
Ecco quindi una rapida macro panoramica che illustra i vari tipi di contesti – comunicativi e lavorativi – nei quali gli interpreti (o, in alcuni contesti pubblici specifici previsti dalla legge, i mediatori culturali) ricorrono all’interpretazione di trattativa.
- TRATTATIVE D’AFFARI (INCONTRI B2B, RIUNIONI DI LAVORO)
- VISITE DI IMPIANTI E SITI PRODUTTIVI
- MANIFESTAZIONI FIERISTICHE ED EVENTI CULTURALI
- TRAINING ONE-TO-ONE (O PER GRUPPI MOLTO PICCOLI) IN AZIENDA
- VISITE CULTURALI E TOUR GUIDATI (MOSTRE, MUSEI, ATTRAZIONI TURISTICHE ECC.)
- COLLOQUI ISTITUZIONALI E INCONTRI DIPLOMATICI
- UDIENZE, MA ANCHE IN ALTRE SEDI ESTERNE AI TRIBUNALI (PER ES. INCONTRI TRA CTU E I CTP DI PARTE) DURANTE PROCESSI CIVILI E PENALI
- VISITE MEDICHE EROGATE A CITTADINI CHE NON PARLANO L’ITALIANO
- AUDIZIONI PRESSO LE COMMISSIONI TERRITORIALI E, PIÙ IN GENERALE, DURANTE TUTTO L’ITER DELLA PROCEDURA PER LA RICHIESTA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE (questo è uno di quei casi specifici in cui il legislatore garantisce il diritto alla presenza di un mediatore culturale a beneficio del migrante)
Interazioni paritetiche e asimmetriche
Senza entrare nel dettaglio in ciascuno di questi setting comunicativi, quello che possiamo dire, in via generale, è che l’interpretazione dialogica talvolta si utilizza durante interazioni paritetiche. Pensiamo a una trattativa d’affari, in cui il Purchasing Manager della società X e il Sales Manager dell’impresa Y, pur magari parlando lingue diverse, spesso conoscono entrambi la terminologia tecnica, in inglese, dei prodotti che vendono/acquistano e condividono, in generale, una serie di conoscenze e nozioni settoriali e che, pertanto, anche se uno di loro parla in inglese e l’altro in italiano, “parleranno in modo simile”, proprio in virtù di questo bagaglio di concetti e conoscenze pregresse comuni.
Altre volte è invece necessario ricorrere all’interpretazione di trattativa nel corso di interazioni asimmetriche, in cui i parlanti, al di là del fatto di parlare due lingue diverse, non hanno lo stesso grado di conoscenze e competenze settoriali e in cui, pertanto, l’interprete, o il mediatore culturale, è chiamato a colmare questo divario.
Ecco qui la differenza tra “microlingua scientifico-professionale” e la lingua comune a cui faceva riferimento la definizione di Wikipedia.
È il caso, ad esempio, di una visita medica, in cui una paziente potrebbe non capire che quando il ginecologo scrive in cartella clinica il termine “oligomenorrea” si sta riferendo al fatto che la paziente ha lamentato cicli mestruali scarsi e radi.
Oppure pensiamo al tribunale
In questi casi come deve comportarsi l’interprete?
A mio modesto parere, in queste circostanze, ha poco senso che l’interprete faccia sfoggio delle proprie conoscenze linguistiche; è più opportuno accantonare ogni velleità virtuosistica e garantire di assolvere allo scopo ultimo per il quale si è stati ingaggiati: garantire che la comunicazione proceda nel modo più fluido e rapido possibile, e che il messaggio giunga a destinazione (senza essere travisato o annacquato).
Per questo motivo, se ad esempio sto traducendo in tribunale per una delle due parti in causa (un cittadino peruviano, per esempio) e al termine dell’udienza, l’avvocato spiega al proprio assistito che “il giudice si è riservato”, se il cittadino in questione non è un avvocato, o comunque un giurista nel proprio paese di origine, ha poco senso studiare in anticipo il nome di ogni singola fase o misura processuale (in spagnolo) prevista dal codice di procedura civile del Perù per riportare l’esatto termine tecnico, o la perifrasi, che utilizzano i giudici in Perù (oltretutto non sempre ordinamenti giuridici diversi condividono, seppur in lingue diverse, gli stessi concetti e figure giuridiche; anzi, accade molto più spesso il contrario).
Quello che io faccio, in questi casi, è assicurarmi che il cittadino straniero comprenda che quell’espressione “legalese” significa che il giudice ha deciso di rimandare la decisione a una data da destinarsi per avere il tempo di analizzare con calma e approfonditamente la causa, le richieste della parti, gli atti, le note e i documenti depositati.
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