Autore: Claudia Vona
Nelle scorse settimane gli articoli del nostro blog si sono concentrati sulla tecnica dell’interpretazione consecutiva.
Abbiamo visto in quali contesti viene utilizzata, quali sono i suoi vantaggi (e i suoi svantaggi) e cosa si nasconda dietro quei simboli misteriosi che caratterizzano gli appunti dell’interprete.
Quale grande amante della consecutiva, non potevo non dedicare anche io un articolo a questa tecnica così affascinante.
Il mio obiettivo di oggi è quello di mostrarvi quali siano le strategie possibili per affrontare un testo tecnico o particolarmente insidioso e reagire agli imprevisti.
La presa note non è un dettato
Prima di passare al cuore del mio testo, vorrei però ribadire un concetto importante, di cui hanno già parlato le mie colleghe (ma repetita iuvant): prendere appunti durante una consecutiva, non è come prendere appunti durante una lezione o come scrivere sotto dettatura.
Quando annotiamo delle informazioni o scriviamo sotto dettatura riportiamo in maniera fedelissima ogni singola parola che viene pronunciata.
Nel caso di un dettato ad esempio il senso generale del discorso potrebbe benissimo passare in secondo piano, ciò che conta è invece scrivere in maniera corretta – dal punto di vista ortografico e grammaticale – tutto ciò che sento, esattamente così come viene pronunciato.
Dovrò fare attenzione agli accordi tra verbo e soggetto, articolo e nome; dovrò concentrarmi su dove mettere l’accento o le doppie…insomma il senso della frase non è importante, almeno non tanto quanto il rispetto delle norme ortografiche e grammaticali.
PARADOSSALMENTE potrei anche non seguire il filo del discorso, ma concentrarmi sulle singole parole e ottenere comunque un buon risultato.
In consecutiva avviene esattamente il contrario
Non posso smettere di seguire il filo logico del discorso per chiedermi: “remercier ha un accento da qualche parte?”.
Il simbolo deve essere un aiuto, un punto di riferimento, non un ostacolo. Non posso in alcun modo fermarmi a pensare a come si scrive una parola, perché altrimenti perderei tutto il resto.
PARADOSSALMENTE potrei anche non saper scrivere remercier, mi serve però sapere che valore ha e che compito svolge all’interno della frase.
Come ci ricorda Martina nel suo articolo, l’ascolto è l’attività principale che l’interprete di consecutiva deve svolgere. La memoria è il nostro migliore alleato, gli appunti servono solo a non affaticarla troppo.
Non si può avere un simbolo per tutto
Ovviamente sarebbe impossibile avere un simbolo per tutto, per ogni concetto presente in ogni lingua.
Durante gli anni di formazione e con l’esperienza professionale, ogni interprete si crea il proprio “dizionario” dei simboli partendo da immagini, sigle, riferimenti a lui più familiari (la prossima settimana non perdetevi l’articolo di Francesca che ci racconterà come nascono i simboli).
Io personalmente ho un quaderno che, dal secondo anno di università, aggiorno costantemente aggiungendo simboli nuovi o modificando quelli vecchi con soluzioni migliori.
Tuttavia, i testi che traduciamo in università sono ben diversi dagli interventi che dobbiamo tradurre nella vita vera; quindi alcuni concetti, ricorrenti negli anni della formazione, potrebbero non essere così frequenti una volta entrati nel mondo del lavoro.
Sarà necessario aggiungere simboli nuovi o utilizzare quelli vecchi per nuovi concetti.
Ecco un esempio
Un termine per cui avevo un simbolo in università era profugo
(l’immagine mi ricorda quella di una persona che fugge).
Lavorando principalmente con aziende, ho deciso di modificare questo simbolo (il cui concetto non era più così frequente nelle mie consecutive) e di utilizzarlo per indicare un fornitore.
Esistono però concetti, immagini, riferimenti per cui è quasi impossibile avere un simbolo.
Questo rappresenta una vera e propria difficoltà per l’interprete che dovrà adottare delle strategie per cercare di aggirare questo problema e non farsi prendere dal panico in caso queste insidie dovessero presentarsi.
È infatti importantissimo in consecutiva, ancor più che in simultanea, cercare di mantenere il sangue freddo per due motivi (che Ilenia ci ricorda nel suo articolo): l’interprete è quasi sempre davanti al pubblico – e non nascosto in cabina come in simultanea – ed è da solo, non ha il collega di fianco con cui può collaborare.
Ho raggruppato le difficoltà in due grandi gruppi
- Informazioni conosciute
- Informazioni inaspettate
Analizziamole nel dettaglio!
Sappiamo quanto sia importante la collaborazione tra cliente e interprete.
Se l’interprete ha in anticipo tutte le informazioni necessarie potrà non solo prepararsi sull’argomento e creare un glossario, ma addirittura studiare a tavolino dei simboli per i nuovi concetti e per nomi propri, riferimenti storici o culturali, termini tecnici: ovvero gli elementi più insidiosi che possono saltar fuori durante un intervento.
Serve creare un simbolo per un nome proprio? E se sì, come? Esistono due possibili strategie, entrambe a mio avviso molto utili, perché aventi funzioni diverse.
Un simbolo temporaneo
Immaginiamo di essere chiamati a dover tradurre la presentazione di una mostra di Caravaggio.
So già che il nome dell’artista sarà sicuramente pronunciato durante i vari interventi che dovrò tradurre.
Deciderò quindi, nella fase di preparazione, di creare un simbolo (o nel mio caso un’abbreviazione) che indichi, senza alcuna ambiguità questo nome. CAR.
È un simbolo che ho creato solo per quest’occasione e so che ogni volta che sui miei appunti troverò CAR starò indicando il pittore.
Immaginiamo invece di essere successivamente chiamati a tradurre una conferenza stampa sul riso Carnaroli.
Deciderò che anche in questa occasione l’abbreviazione CAR mi sarà utile, ma sono consapevole che ogni volta che la troverò sui miei appunti starò facendo riferimento al riso e non al Caravaggio.
Una lista di nomi e ruoli
Nel caso in cui stessimo per esempio presentando l’organico di un’azienda avremmo una serie di nomi e di ruoli da ricordare: una missione quasi impossibile.
Un’ottima strategia che l’interprete può adottare è quella di preparare una lista di nomi e il ruolo che queste persone ricoprono all’interno dell’azienda.
- Mario Rossi – Amministratore Delegato
- Luigi Bianchi – Commerciale estero per Europa Occidentale
- Marco Verdi – Project Manager
E così via. Questa lista potrà essere tenuta nel blocco di appunti dell’interprete (per me è sempre l’ultima pagina) che potrà consultarla in qualsiasi momento.
Se l’oratore dovesse dire: “Accogliamo il nostro nuovo project manager Marco Verdi” l’interprete andrebbe ad annotare soltanto il ruolo (per cui quasi sicuramente avrà un simbolo) e consulterebbe poi la lista per riferire nome e cognome.
Queste due strategie sono applicabili non soltanto ai nomi propri di persone, località, cibi ecc., ma anche a riferimenti storici e culturali o a termini tecnici.
Ecco qui un esempio di un testo ricco di tutti questi elementi
Conosciuta sin dal Medioevo, come ci racconta Ian D’Agata nel suo “Native Wine Grapes of Italy”, la Croatina è originaria dell’area di Rovescala, in Lombardia.
La Croatina è una varietà capace di dare vini di alta qualità, polposi, dolci e cremosi, sia nelle versioni ferme che in quelle frizzanti. Inoltre, la Croatina si distingue per una grande abbondanza di tannini, piuttosto ruvidi, così come per una grande concentrazione di antociani. Presenta grappolo grande (centimetri 20-25); conico, alato, compatto.
Peduncolo di lunghezza media e semi-legnoso.
Se prima non avessi fatto il lavoro di preparazione e di creazione dei simboli ad hoc, la resa in consecutiva di questo testo sarebbe impossibile, perché la mia memoria non solo non riuscirebbe a ricordare ciò che ha sentito, ma nemmeno a decifrare sigle e simboli su cui non si è allenata.
Ovviamente un ruolo importante ha lo studio e la conoscenza della materia (con quali aggettivi si descrive il vino, cosa sono i tannini e gli antociani, cos’è il peduncolo) anche a livello trasversale (nella mia lista di nomi propri e ruoli avevo segnato chi è Ian D’Agata e cosa ha scritto nella sua guida ai vitigni italiani dal titolo “Native Wine Grapes of Italy” e quindi nei miei appunti mi è bastato annotare IAN e due virgolette per fare riferimento ad autore e opera).
Informazioni inaspettate
Puntualmente però durante un intervento, vengono fatti riferimenti a cose o a persone che non conosciamo o che conosciamo ma che non sappiamo annotare. Come fare?
Partiamo dal secondo caso: l’oratore fa riferimento a un film, a un libro a una persona che conosco ma per cui non ho studiato un simbolo, perché non mi aspettavo che sarebbe stato nominato durante l’intervento.
Innanzitutto devo valutare quanto sia rilevante all’interno del discorso: se la porzione di pubblico che capisce la lingua originale ha riso o in qualche modo ha reagito a questo riferimento, non posso permettermi di saltarlo.
Lo stesso vale se è un elemento importante del discorso: un avvenimento storico, un libro che l’oratore consiglia di leggere o da cui trae una citazione.
In questo caso dovrò annotare l’informazione nel modo più preciso possibile adoperando simboli o abbreviazioni a me familiari, che mi permettano di ricostruire il discorso o di avere comunque un appiglio al quale aggrapparmi durante la resa.
Se invece si tratta di un aneddoto che non ha alcuna rilevanza posso anche farne a meno. Oppure è talmente curioso e divertente che mi basta ricordarlo senza dover segnare nulla o annotando solo un simbolo o una parola chiave.
Arriviamo invece al caso più ostico: l’oratore fa riferimento a un concetto inaspettato, che neppure conosco. Potrebbe ad esempio ricordare al pubblico un evento che avrà luogo in quella stessa sala qualche settimana più tardi, potrebbe nominare una cittadina sperduta tra i colli di chissà quale regione del mondo o salutare un ospite.
Ecco un altro esempio
« Je salue la Direction des Affaires Académiques et de la Coopération de l’Université de Yaoundé, dirigée par le Professeur Bitjong Ndombol »
Se fossi in cabina, il mio collega farebbe una rapidissima ricerca sull’Università di Yaoundé per capire quale sia effettivamente il nome del direttore del Dipartimento; ma in consecutiva questo non è possibile.
È pertanto lecito, e a mio avviso anche molto professionale, chiedere all’oratore di poter ripetere, prima di iniziare la resa. È evidente che non si possa chiedere di ripetere TUTTO, ma è molto meglio avere delucidazioni che non riferire un dato sbagliato o, come in questo caso, rischiare di pronunciare male il nome di un ospite, facendo magari qualche gaffe.
Come avete visto la consecutiva richiede un solido percorso formativo alle spalle ed è una tecnica personalissima, propria a ogni interprete.
La preparazione è assolutamente necessaria e, permettetemi di dirlo, alquanto divertente.
Creare simboli nuovi ci fa sentire un po’ dei piccoli inventori in un laboratorio segreto e quando il cliente si accorge che ciò che scriviamo non sono parole ma disegni messi in ordine apparentemente casuale sul foglio e ci chiede delucidazioni, tutti orgogliosi sfoggiamo la nostra capacità di comunicare a noi stessi con questo linguaggio in codice.
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